"Dal Golpe alla P2" si presenta domani, al teatro di villa Butera il libro di Francesco Maria Biscione

Pubblicato il 7 luglio 2022 • Comunicati

Nuovo appuntamento con  la lettura. Domani, venerdì 8 luglio, al teatro di villa Butera, alle 17,30 si presenta il libro di Francesco Maria Biscione, "Dal Golpe alla P2"  Ascesa e declino dell'eversione militare 1970-75.
Alla presentazione, dopo i saluti dell'amministrazione comunale, dialogheranno con l'autore la senatrice della Repubblica Cinzia Leone e Roberto Sajeva esperto di Storia contemporanea. Ad introdurre l'incontro Alessandro Bafumo vicepresidente dell'associazione Culturiamo insieme. 

sinossi libro
Dal golpe alla P2. Ascesa e declino dell’eversione militare 1970-75

Nel 1974, in Italia, le forze eversive abbandonano l’idea dell’assalto aperto e frontale alla democrazia, rivelatasi fallimentare e controproducente, scegliendo una nuova e più efficace strategia: il superamento del ruolo centrale finora riservato alle Forze armate e la penetrazione nelle istituzioni repubblicane per attuarne una profonda distorsione. La nuova forma dell’attacco alla democrazia ebbe largamente le sembianze della loggia massonica P2, ma al successo dell’operazione contribuirono il Sid, settori della magistratura e il ministro della Difesa Andreotti. Grazie a un’approfondita disamina di molte carte giudiziarie italiane e della documentazione proveniente dall’amministrazione Nixon, resa pubblica negli anni recenti, Dal golpe alla P2 racconta il passaggio, ancora poco noto, verso l’elaborazione di questo nuovo progetto antisistema in grado di superare lo stallo su cui la strategia della tensione si era arenata e di spezzare il percorso dello stesso progetto costituzionale repubblicano.

Francesco Maria Biscione ha pubblicato, nel 1990, la prima edizione critica del noto scritto gramsciano del 1926 sulla questione meridionale3 e ha concluso questo percorso con la cura del volume antologico Antonio Gramsci, Disgregazione sociale e rivoluzione. Scritti sul Mezzogiorno, Napoli, Liguori editore, 1996. Ha iniziato nei primi anni Ottanta la collaborazione al Dizionario biografico degli Italiani dell’Istituto della Enciclopedia italiana, del quale partecipava alla redazione del Primo supplemento A-C (vol. XXXIV, 1988). Le prime collaborazioni riguardarono il movimento operaio per allargarsi a industriali, scrittori, giornalisti, pensatori. Tra le biografie: Giovanni Ansaldo (in collaborazione con Giovanni Russo), Giovanni Armenise, Angelica Balabanoff, Mario Berlinguer, Giuseppe Berti, Luciano Bianciardi, Gigi Damiani, Ludovico D’Aragona, Amilcare De Ambris, Giuseppe De Felice Giuffrida, Luigi Della Torre, Luigi Devoto, Fernando Di Giulio, Guido Dorso, Alberto Fassini, Vito Fazio-Allmayer, Pietro Fedele, Giangiacomo Feltrinelli, Beppe Fenoglio. La collaborazione con il Biografico si è conclusa sostanzialmente nel corso degli anni Novanta, ma l’insieme delle relazioni stabilite nell’Istituto della Enciclopedia italiana ha fatto sì che fosse assunto a tempo indeterminato come redattore (1991), occupandosi prevalentemente di storia in varie opere enciclopediche. Gli studi gramsciani e la collaborazione al Biografico, specie per le voci relative al sindacato e al movimento sindacalista, hanno suscitato interesse per i tratti della crisi liberale connessi con l’emergere della società di massa, interesse che – anche in collegamento con la riflessione di Renzo De Felice – ha avuto qualche approfondimento4 , rimanendo presente nei lavori successivi. Nel 1993 ha pubblicato Il memoriale di Aldo Moro rinvenuto in via Monte Nevoso a Milano, Roma, Coletti, 1993, che raccoglieva gli scritti non epistolari stesi nel carcere delle Brigate rosse durante i 55 giorni della prigionia sulla base della documentazione rinvenuta nel 1990. Il libro ha sollevato la questione dell’autorevolezza e della lucidità, sino allora sottovalutate se non negate, della scrittura di Moro prigioniero nell’interpretazione della storia repubblicana e della vicenda del sequestro
Apprezzato nella relazione conclusiva della Commissione stragi della XI legislatura, febbraio 1994, esso ha costituito un diffuso riferimento degli scritti morotei nel «carcere del popolo». Nel 1994 è stato invitato a collaborare come consulente alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi (XII legislatura), avendo l’opportunità di partecipare alla discussione che portava alla relazione presentata dal presidente della commissione Giovanni Pellegrino nel dicembre 1995 sulla strategia della tensione e sugli anni di piombo. (Questa esperienza ha avuto una replica, anni dopo, quando è stato consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l’attività d’intelligence italiana, nella XIV legislatura, 2004-06.) L’ampia documentazione giudiziaria raccolta dalla Commissione d’inchiesta gli ha permesso di approfondire l’evoluzione e le posizioni di Moro durante il sequestro e delineare un’ipotesi ricostruttiva del delitto, per cui ha pubblicato Il delitto Moro. Strategie di un assassinio politico, Roma, Editori riuniti, 1998, con un debito verso i pionieristici lavori di Sergio Flamigni e l’elaborazione di Franco De Felice. L’argomento del «doppio delitto» – per cui l’assassinio di Moro appariva il risultato di una sinergia che coinvolgeva, oltre alle Brigate rosse, destre interne e internazionali – gli ha attirato un aspro attacco di Ernesto Galli Della Loggia (Corriere della sera, editoriale del 16 marzo 1998), mentre più dialogante si è mostrato Piero Craveri, che lo ha recensito sul Domenicale del Sole 24 ore, 19 aprile 1998. Il volume è rimasto un riferimento per i successivi studi sul caso Moro (si vedano, tra gli altri, gli scritti di Percy Allum, Francesco Barbagallo, Giorgio Galli, Agostino Giovagnoli, Leonardo Paggi, Pietro Scoppola, Nicola Tranfaglia); ricostruzioni con esso compatibili sono state più di recente presentate da Giovanni Moro, da Miguel Gotor e, per altri versi, da Steve Pieczenik. Ha quindi approfondito alcuni temi contigui quali il concetto di doppio stato di Franco De Felice, l’interpretazione di Moro del ruolo della destra nella storia repubblicana, la strategia della tensione, la loggia P25 . Ne è derivato il volume Il sommerso della Repubblica. La democrazia italiana e la crisi dell’antifascismo, Torino, Bollati Boringhieri, 2003. Il libro – tentativo di enucleare il tema delle forze presenti nella società italiana che hanno avversato il progetto democratico-costituzionale della Repubblica, riuscendo infine a snaturarlo – ha avuto una varia fortuna storiografica in più ambiti di studio. Gli interrogativi sulla tradizionale fragilità della democrazia italiana lo hanno riportato agli studi sul comunismo italiano, in particolare al Corso sugli avversari tenuto da Palmiro Togliatti a Mosca nel 1935. Ha pubblicato nel 2005 due lezioni inedite6 e poi in volume la riedizione completa del corso, con apparati e un saggio critico a commento: P. Togliatti, Corso sugli avversari. Le lezioni sul fascismo, Torino, Einaudi, 2010. Questo lavoro (che ha avuto recensioni favorevoli di Giuseppe Parlato e Aldo Agosti) riprendeva anche il tema del rapporto tra crisi liberale e società di massa attraverso la lettura togliattiana dei sindacati fascisti e delle organizzazioni di massa del regime. Uno scampolo di questa ricerca è nella pubblicazione (2011) di una relazione inedita di Togliatti all’esecutivo della Terza Internazionale (Mosca, agosto 1938), documento che conferma l’interpretazione togliattiana del fascismo e della storia d’Italia precisando anche i termini di un contrasto sinora poco noto ai vertici dell’Internazionale
 Con il saggio La democrazia italiana e i suoi avversari – 2008, che ha avuto qualche risonanza ed è uscito anche in tedesco, in francese, in rumeno e in inglese8 – ha riassunto alcune considerazioni circa il peso della crisi degli anni Settanta sulle condizioni politiche del paese. Sono seguiti altri saggi sul delitto Moro, i problemi della solidarietà democratica e una rassegna degli studi più recenti9 . Questi scritti confluivano nel volume Il delitto Moro e la deriva della democrazia, Roma, Ediesse, 2012, nel quale è argomentata una prospettiva che rinviene la maggiore rottura della vicenda repubblicana non tanto nella fine della cosiddetta prima Repubblica quanto nella dissoluzione del progetto repubblicano-costituzionale determinatasi alla fine degli anni Settanta. Negli ultimi anni da un lato gli è stata presente la necessità di ricomporre il quadro degli studi sulla violenza politica in Italia decennio 1969-78 come elemento centrale della crisi del progetto nazionale repubblicano10; da un altro ha maturato un interesse sulla crisi della tradizione culturale storicista quale elemento della dissoluzione dell’orizzonte progettuale del paese. Il suo contributo su questo argomento è Lo storicismo moderno italiano tra cultura e politica, del 201311 . Dal 2010 è membro del consiglio direttivo del Centro di documentazione Archivio Flamigni. Collabora al sito web Portale della Rete degli archivi per non dimenticare (è membro del comitato scientifico) del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Direzione generale archivi (http://www.memoria.san.beniculturali.it/web/memoria/home). In particolare è impegnato nello studio della documentazione giudiziaria sugli «anni di piombo» e nel lavoro di digitalizzazione di detta documentazione, nonché del suo versamento dagli archivi dei tribunali agli archivi di Stato. Nel dicembre 2013 gli è stata riconosciuta l’idoneità per l’insegnamento universitario di seconda fascia di storia contemporanea.